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L’ultima volta abbiamo parlato dell’approccio capacitante e delle competenze che, se sviluppate, possono aiutare il caregiver a cercare di vivere più serenamente la convivenza con una persona affetta da Alzheimer.
Oggi parleremo dei 12 PASSI di questo approccio che sono dei consigli su aspetti che, posso anche essere considerati secondari, ma che in verità, per quanto piccoli hanno una grande importanza nella quotidianità. Il segreto nel successo della loro applicazione sta in parte nella loro semplicità. Non fraintendeteci, per chi già vive questa situazione e/o chi si sta approcciando, non c’è niente di semplice. E’ una sfida continua, un continuo adattamento, un continuo mettersi alla prova e in discussione perché quando credi di aver trovato un punto di arrivo, in verità è solo una tappa del percorso.
Ma, torniamo ai nostri 12 punti da vedere assieme.
1. Non fare domande. Spesso quando un famigliare pone delle domande chiuse, la persona malata può non sapere come rispondere perché sale una sorta di ansia di sbagliare e si blocca. Si rinchiude in un mutismo e l’incitazione continua a rispondere aumenta solo il disagio.
La regola d’oro è: se fare domande provoca disagio, bisogna evitarle. Se fare domande non disturba, si possono fare.
2. Non correggere. E’ una semplificazione paragonare una persona malata di Alzheimer a un bambino. Il decadimento cognitivo e i comportamenti a volte “infantili” non fanno di un adulto con un’esperienza di vita pluridecennale alle spalle un bambino. La malattia aumenta la sensibilità di una persona quindi più che evidenziare l’errore e fare una correzione, è opportuno cercare di collaborare insieme aiutando la persona a giungere alla conclusione “corretta”.
L’esperienza mostra che la continua correzione degli errori di linguaggio e di comportamento non porta a un miglioramento dei risultati.
3. Non interrompere. Anche se pensiamo di non farlo, in verità è un’azione che viene compiuta spesso e a prescindere dall’interlocutore. Crediamo di aver capito cosa l’altra persona vuole dire e completiamo le frasi al suo posto o contestiamo quello che sta dicendo. Non interrompere e scegliere di attendere che l’interlocutore arrivi alla fine della propria esposizione è una scelta consapevole che non viene naturale.
Non completare le frasi, la persona malata di Alzheimer tende a essere lenta e a incepparsi quando parla e non suggerire.
4. Ascoltare. Il quarto punto, come potete immaginare, è strettamente legato al terzo. La volontà di non interrompere porta a concentrarsi e ascoltare, cercando di comprendere, cosa l’interlocutore vuole dire. Con una persona malata di Alzheimer ascoltare è fondamentale perché, a causa del disturbo semantico, non sempre le parole prescelte per la comunicazione sono le più corrette quindi restare concentrati e cercare di capire il significato della conversazione è fondamentale per il suo proseguo.
Ascoltare significa anche rispettare l’inerzia verbale (intesa come il tempo necessario al malato per costruire e pronunciare la frase) e il desiderio di silenzio.
5. Accompagnare con le parole. Le persone malate non differiscono da tutti gli altri in merito a preferenze con chi interfacciarsi. Nel loro caso questa preferenza è espressa in maniera ancora più palese in quanto possono essere espressivi e collaborativi con qualcuno, quanto chiusi e ostinati con un altro. Questo perché la loro capacità di esprimersi non è condizionata solo dalla malattia, ma anche dal contesto e dall’approccio con cui vengono coinvolti. In questo caso è molto d’aiuto per il caregiver “accompagnare nei mondi possibili” che sostanzialmente significa che quando ci si interfaccia con un malato bisogna partire dal presupposto che lui non stia vivendo la nostra stessa realtà a causa dei danni celebrali alla base della malattia che causano dei disorientamenti sia spazio-temporali (dove di trova e in che tempo), sia relazionali (riconoscimento delle persone e delle relazioni che lo legano a loro). Bisogna quindi concentrarsi su cosa e come viene comunicato piuttosto che sulla coerenza “logica” dell’espresso in sé. Quest’ultimo comportamento viene anche chiamato cercare il Punto d’Incontro Felice (PIF). Altri due utili spunti per mantenere viva la conversazione sono riprendere la narrazione e farne eco ripetendo quanto ci è stato raccontato e partecipare con il apporto, il tutto senza porsi il problema della veridicità o meno di quanto comunicato.
Il malato vive convinto nel proprio mondo e cercare di convincerlo a rientrare nel “nostro” porta solo a chiusura e aggressività. Bisogna cercare di riconoscere l’emozione dietro il comportamento e seguire il flusso della conversazione in quanto è più importante che il significato in sé.
6. Rispondere alle domande. Quando dobbiamo domandare perché non abbiamo un’informazione può capire che ognuno di noi si senta in una posizione “debole” in quanto l’accesso all’informazione dipende da un’altra persona. La stessa logica vale anche per un malato di Alzheimer, quindi è importante rispondere con naturalezza a qualsiasi domanda, indipendentemente da quanto questa possa apparire futile.
Quando si risponde a una domanda senza invitare l’interlocutore a fare lo sforzo di rispondersi da solo, si evita di collocarsi in una posizione di superiorità.
7. Comunicare con i gesti. Ricordiamoci sempre che la comunicazione non passa solo tramite la parola ma che anche altre forme di linguaggio. La malattia di Alzheimer può compromettere precocemente il linguaggio verbale ma intaccare relativamente poco quello paraverbale (come tono e timbro della voce) e quello non verbale (gesti e comportamenti).
Conviene sempre accompagnare parole e gesti in modo che questi ultimi enfatizzino il significato delle prime.
8. Riconoscere le emozioni. Abbinare e saper riconoscere e sfruttare i tre linguaggi sopracitati è fondamentale per percepire e comprendere quanto ci viene comunicato. E’ molto importante, soprattutto quando il linguaggio verbale è compromesso, come detto anche al punto 5, capire l’emozione alla base della comunicazione.
Per un malato di Alzheimer le emozioni sono importanti perché sono non solo l’espressione di uno stato d’essere ma anche di un potenziale bisogno.
9. Rispondere alla richieste. Partendo dal presupposto che a nessuno piace essere ignorato, è importante che quando viene fatta una richiesta da una persona malata di Alzheimer le si risponda anche se non sempre è possibile soddisfare quanto chiesto.
Il bisogno di essere presi in considerazione è un bisogno fondamentale per ogni persona.
10. Accettare che faccia quello che fa. Non significa che bisogna lasciare completa libertà di azione al malato e, giustamente, bisogna evitare situazioni pericolose. Questo punto vuole porre l’attenzione sul fatto che dobbiamo tenere presente che ogni giorni è “un giorno nuovo” e molte cose diventano quasi “prime volte” quindi non dobbiamo spazientirci se la persona fa due volte lo stesso errore, o la stessa domanda.
Quando realizza qualcosa, non è importante la perfezione di esecuzione, ma il fatto che stia stimolando le proprie abilità cognitive e che si senta partecipe dell’ambiente in cui è inserito e non un peso.
11. Accettare la malattia. Nella maggior parte dei casi si fa fatica a riconoscere la malattia, soprattutto quando essa procede lentamente e si porta via un pezzetto del nostro famigliare ogni giorno. Ma è importante prendere consapevolezza che la persona che abbiamo davanti è la stessa, ma è anche completamente diversa da quello che abbiamo conosciuto finora. L’unica cosa che possiamo fare è adattarci alla nuova versione che ci troviamo davanti di volta in volta.
Chi vuole lottare contro la malattia resterà sconfitto e non farà che sprecare le proprie energie.
12. Occuparsi del proprio benessere. Ultimo, ma non per questo meno importante. Questo punto è tutto per il caregiver. Sappiamo che è un impegno 24/7 che non conosce vacanze o pause. Ma è fondamentale occuparsi del proprio benessere.
Se stiamo bene noi, riusciamo a fare stare bene anche chi è intorno a noi e ad affrontare meglio la vita e le sue sfide.
Con questo ultimo punto abbiamo esaurito la nostra lista. Speriamo che possiate trarre spunto da questa lettura. Prima di salutare voglio ricordare a tutti, malati e caregiver, che non siete da soli. Esistono sempre più realtà che sono nate e stanno nascendo per dare supporto e aiuto nella gestione di questa malattia. Noi siamo una di quelle realtà.