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La Felicità nella malattia (Parte 1)

La Felicità nella malattia (Parte 1)

Beh….se non è un paradosso questo! Come è possibile abbinare la parola felicità e malattia? Prima di addentrarci nel merito della questione, condividiamo una frase che, secondo noi, potrebbe e dovrebbe essere valida per ognuno di noi in ogni momento:

 La felicità deve essere vissuta momento per momento, nel qui e ora, non deve essere un obiettivo per il domani

 Quindi, ritornando a noi … come possiamo parlare di felicità mentre affrontiamo il tema della malattia di Alzheimer? Ebbene, oggi vogliamo cominciare a condividere con voi caregiver il tema dell’approccio capacitante. Di cosa si tratta? Scopriamolo insieme nelle prossime righe 😉

L’approccio capacitante è un modo di vivere il proprio ruolo di caregiver e la convivenza con un malato di Alzheimer che si fonda sulla possibilità di cercare di trarre la massima felicità possibile, e il conseguente benessere da essa derivante, da una situazione sempre in evoluzione che rende difficile proprio questo obiettivo che, diciamocelo, di per sé è sfidante anche nella quotidianità di ognuno.

Prima di approfondire questo approccio dobbiamo considerare un preambolo importante: secondo questa scuola di pensiero esistono delle competenze chiamate competenze elementari che è fondamentale riconoscere e valorizzare per rimodellare il rapporto tra il caregiver e il malato.

  • La competenza a parlare e comunicare che comprende la capacità di esprimersi verbalmente e non. Stimolare e incoraggiare questa capacità che viene intaccata dalla malattia è importante perché riflette non solo l’intenzione, ma anche la possibilità di comunicare e contrasta la naturale tendenza del malato a rinunciare al rapporto a causa delle difficoltà che ha nell’esprimersi e nel comprendere quando ascolta.
  • La competenza emotiva. Il malato prova emozioni come chiunque altro ed è importante che queste vengano prese in considerazione tanto e forse più dei suoi deficit. Purtroppo nella volontà di “trovare soluzioni” e “risolvere il problema” spesso il caregiver sottovaluta o ignora la dimensione emotiva della persona che sta accudendo e questo porta inevitabilmente ad un impoverimento del rapporto dando più importanza agli errori piuttosto che ai gesti che vengono compiuti.
  • La competenza di decidere e contrattare. Si, è innegabilmente vero che una persona malata di Alzheimer vede diminuire progressivamente la propria capacità di prendere decisioni nella sua vita quotidiana ed è altrettanto innegabilmente vero che al caregiver viene naturale sostituirsi nelle azioni e nella presa delle decisioni perché è un modo di agire più facile e più veloce. E se il risultato è che si porta a compimento l’azione pratica è anche vero che ad ogni successo operativo corrisponde un contraccolpo emotivo al malato che vede lesa la propria dignità e la propria autostima.

Abbiamo deciso di suddividere le competenze dai consigli operativi perché pensiamo che ci siano sufficienti spunti di riflessione anche nel solo considerare queste tre competenze. Essere un caregiver è tutto fuorché semplice soprattutto quando ci sono dei forti sentimenti che ci legano al malato e con questo articolo e quello che seguirà speriamo di poter dare alcuni utili consigli per ricercare una felicità possibile.

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