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Comunicare in situazioni particolari

Comunicare in situazioni particolari

Se cerchiamo la definizione di comunicazione, ecco cosa troviamo in Wikipedia

Per comunicazione (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal latino communico = mettere in comune, far partecipe) si intende il processo e le modalità di trasmissione di un’informazione da un individuo a un altro (o da un luogo a un altro), attraverso lo scambio di un messaggio elaborato secondo le regole di un determinato codice comune. Ma siccome non c’è comunicazione in assenza del processo di ricezione, la comunicazione umana (ad esempio) necessita di almeno due individui entrambi in grado sia di trasmettere che di ricevere, i messaggi elaborati in un codice comune.

Nonostante la definizione di per sé possa sembrare semplice, episodi nella nostra quotidianità ci dimostrano che l’implementazione di questo concetto non è così banale. Basti pensare a quante volte non si è capito un concetto perchè magari l’altra persona “non si è spiegata bene” o quante volte altri non hanno capito cosa volevamo dire anche se a noi sembrava di essere stati chiari nell’esprimere un certo concetto.

Se quindi l’attività di comunicare rappresenta diverse sfide e ostacoli già di per sé, le difficoltà aumentano notevolmente quando ci si deve interfacciare con un malato di Alzheimer. Questo perchè, in maniera molto semplicistica, chi è malato di Alzheimer non solo “legge” il mondo in maniera diversa da quella considerata “normale” ma, a causa di un modifica delle sue capacità e competenze, non riesce più a comunicare usando quel codice comune citato nella definizione di Wikipedia.

Nelle pagine Cosa fare per…Comunicare efficacemente e Interpretare i segnali abbiamo già dato alcune indicazioni di massima da seguire per comunicare con chi ha la demenza, oggi vogliamo invece concentrarci su quattro situazioni specifiche che un caregiver potrebbe trovarsi ad affrontare.

Comunicazione in caso di apatia

ApatiaQuando il malato sembra indifferente a tutto ciò che lo circonda e non si riesce a destare il suo interesse nonostante gli sforzi compiuti ci si trova in una situazione di apatia. In questi casi il caregiver può vivere un senso di frustrazione perchè, nonostante cerchi di essere paziente e di stimolare il malato, non ottiene nessun risultato. Questa è sicuramente una di quelle situazioni in cui è importante “fare un passo indietro“, prendere un bel respiro e fermarsi un attimo prima di insistere. Sappiamo che è molto più facile a dirsi che a farsi, ma a volte bisogna semplicemente lasciar perdere, che non significa assolutissimamente arrendersi o voler meno bene alla persona malata, ma solo comprendere che quello non è un buon momento e che non bisogna costringere la persona a fare qualcosa che non vuole. Spesso si ottiene un risultato migliore lasciando passare un po’ di tempo prima di riprovare il contatto. Se invece siamo in una situazione in cui il malato sta svolgendo un’attività, ma magari è lento o sembra stare perdendo la concentrazione, congratularsi con lui e incoraggiarlo lo aiuta a portare a termine il compito. Come detto più volte nei vari articoli è molto importante rispettare i suoi tempi.

Comunicazione in caso di comportamento sessuale improprio

Ancora oggi l’argomento “sesso”, nonostante sia ormai trattato in tutte le salse porta con sé dei tabù e dei preconcetti e, a volte, il caregiver che si trova a vivere questa situazione ha come prima reazione l’imbarazzo. E’ importante rimanere calmi non mostrare imbarazzo anche se si vorrebbe diventare invisibili o essere da un’altra parte. Una delle prime cose da fare è provare a distrarre il malato dandogli qualcosa da tenere in mano. Questa semplice soluzione spesso funziona. Se così non è, può essere che quello che viene in prima battuta interpretato come un comportamento sessuale improprio sia invece un tentativo del malato di esprimere qualcos’altro, come ad esempio l’esigenza di andare in bagno. Nella demenza l’interpretazione della comunicazione non verbale ricopre un ruolo chiave. Soprattutto con il progredire della malattia, essere in grado di tradurre i segnali che invia il malato e leggere le situazioni cercando di non partire dai preconcetti che si utilizzano normalmente è uno dei compiti più sfidanti del caregiver.

Comportamento in caso di aggressività

Reazione aggressive da parte di una persona con demenza non sono una cosa insolita. Spesso l’aggressività viene utilizzata per esprimere frustrazione o disagio dal malato. Anche in questo caso non bisogna mai dimenticare che, per chi è malato, la comunicazione è una sfida e l’impossibilità di farsi comprendere può portare a sfoghi estemporanei e ad atteggiamenti violenti anche in persone che, prima della malattia, non avevano mai mostrato queste tendenze.

In questa situazione il caregiver cammina su un filo sottile in quanto sia una reazione violenta volta a dimostrare la propria maggiore forza attraverso un uguale o superiore tasso di aggressività, sia una reazione di paura possono aumentare la violenza del malato. Solitamente, quindi, la migliore soluzione in questi casi è ricordarsi il proverbio “SI ACCHIAPPANO PIÙ MOSCHE CON UNA GOCCIA DI MIELE CHE CON UN BARILE DI ACETO”. La calma è la migliore alleata e si deve cercare di abbassare il livello di aggressività cercando di rassicurare il malato e tentando di stabilire un contatto sia oculare sia fisico magari tenendogli la mano.

Comunicazione in caso di wandering o vagabondaggio

Il tema del wandering o vagabondaggio, lo affronteremo in dettaglio in una altro articolo. Per oggi ci limiteremo a definirlo come un vagare senza meta e obiettivo. In questo caso la risposta migliore dal parte del caregiver è, dopo essersi assicurato che non vi siano rischi per la sicurezza del malato, lasciarlo muovere. Anche se senza meta, il movimento rappresenta comunque un’attività fisica e pertanto non va limitata.

In questa situazione il compito principale del caregiver è osservare quando e quanto spesso capita questo atteggiamento e quindi cercare di capire se è ricollegabile ad un qualche motivo (ad esempio se è un sintomo di fame oppure di disagio) o a un ricordo del malato.

Infine, non dimentichiamo che, nel caso del vagabondaggio, la tecnologia può aiutare concretamente il caregiverNe abbiamo parlato nell’articolo Tecnologia e demenza.

 

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